La Gilda degli insegnanti per la tutela del diritto al lavoro dei precari

Il sindacato sta ponendo le basi di un nuovo stato di diritto nel quale cercherà di ricostruire (o di costruire), anche per coloro i quali non hanno un lavoro definitivo, la possibilità di un “diritto al lavoro”
di Tommaso De Grandis

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 26.11.2014 segna una svolta in materia di tutela dei diritti dei precari dello Stato italiano, e non solo.
Segna una svolta perché è la prima sentenza cheinterviene in materia di precariato pubblico.
Segna una svolta perché è la prima sentenza che interviene in materia di precariato pubblico scolastico.
Segna una svolta perché è la prima sentenza in cui il sindacato interviene come soggetto giuridico a difesa della tutela del “diritto al lavoro”, ponendo in essere una sorta di class-action a sostegno dei precari della scuola pubblicae contrastando, al di là delle chiacchere, il grave fenomeno del “dumping sociale”, ossia dello sfruttamento dei lavoratori per mancato rispetto dei diritti minimi garantiti dalla Carta Costituzionale.

La Gilda degli Insegnanti ha difeso i precari da norme scellerate del legislatore, che, con una serie di decreti legge aveva escluso proprio il personale della scuola da qualsiasi tutela, pur prevista dalla Direttiva 1999/70/CE; ha difeso i precari da un profluvio di eccezioni poste dall’Avvocatura dello Stato, dal Comune di Napoli, dallo Stato Greco e da quello Polacco; ha difeso i precari dalla sconcertante sentenza nr.10127 del 2012 della Corte di Cassazione che sperava di chiudere “all’italiana” il contenzioso seriale sui contratti a termine.

Dunque per lo Stato e per i Giudici i precari non avevano diritto ad alcun tipo di tutela in Italia.
Tuttavia, qualcosa si è inceppato sull’asse legislatore-magistratura, che pur avrebbe dovuto presidiare i diritti dei lavoratori e, soprattutto, il “diritto al lavoro”, salvaguardato dalla nostra Carta Costituzionale, dal Trattato di Nizza, dal Trattato di Amsterdam, dal Trattato di Lisbona, dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali del lavoratori ed infine dalla Direttiva 1999/70/CE.

La vittoria è stata preparata giocando su più tavoli, a partire dalla procedura di infrazione,attivata dalla Gilda grazie alla quale la Commissione europea ha preso posizione in giudizio a favore dei precari. Si è, poi, spostata presso il Tribunale di Napoli, dove il sindacato si è costituito in giudizio come interventore nel ricorso di una precaria; si è concluso, infine, con le difese di alcuni precari della Gilda di Catanzaro nella causa arrivata in Corte Costituzionale, che ha rimesso, per la prima volta, alla Corte di Giustizia, la questione sul precariato scolastico italiano.

Il 27.03.14 è stata discussa la causa in Corte di Giustizia ed il 26.11.14 il Presidente sloveno Ilesic ha letto, in un italiano abbastanza chiaro, la sentenza che cambierà definitivamente le tutele dei precari in Italia.
Di sicuro i giudici non potranno più rigettare migliaia di ricorsi, allo stato pendenti, sul precariato scolastico.

La Gilda ha, nel frattempo, diffidato il Governo perché si adegui alle statuizioni della Corte di Giustizia ed alle tutele previste dalla Direttiva 1999/70/CE e si riserva di valutare tutte le iniziative possibili, giudiziarie e politiche, al fine di ricostruire uno stato di diritto anche per i precari della scuola statale.

Il sindacato, quindi, sta ponendo le basi di un nuovo stato di diritto nel quale cercherà di ricostruire (o di costruire), anche per coloro i quali non hanno un lavoro definitivo, la possibilità di un “diritto al lavoro”, come statuito dall’art. 4 della Cost., per un “esistenza libera e dignitosa”, come proclamato dall’art. 36 Cost., e per una “vita degna dell’uomo”, come anticipato nella Costituzione di Weimar e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Poiché su tali basi si può fondare il “valore dignitario del lavoro”, premessa necessaria per rendere possibile la solidarietà e la coesione sociale, distrutte dalla precarietà, la quale ha minato la stessa democrazia, che su tali valori e principi trova il suo asse portante.
Il sindacato, quindi, oggi “supplendo” alla politica ed ai partiti politici nonché alle stesse istituzioni, si pone quale possibile strumento “politico” strategico impegnato, in prima linea, per il miglioramento delle condizioni di lavoro, della giustizia sociale, della solidarietà tra le generazioni, della lotta contro le esclusioni e la discriminazione sociale, a difesa, in ultima analisi, dei valori fondanti di uno Stato di diritto.

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