INSEGNANTI O ANIMATORI?

Con tutti i problemi che investono la scuola primaria italiana, che cosa si inventa il neoministro in piena pandemia, seguito a ruota da qualche sindacalista ossequiosa di cui abbiamo letto le dichiarazioni in questi giorni?

Il recupero della socialità dei bambini!

Il giorno che a parlare di scuola e di bambini ci metteremo i professionisti dell’educazione invece degli economisti (quando va bene), sarà sempre troppo tardi.

Il ministro Bianchi è un politico del pd, anche se nella quota dei “tecnici”, dovrebbe occuparsi di promuovere le politiche scolastiche del programma che il governo e la maggioranza che lo sostiene si sono dati. A tempo debito i cittadini ne giudicheranno proposte e realizzazioni. Nel frattempo ci risparmi la retorica sui bambini.

Dopo aver partorito la brillante idea che per recuperare la socialità occorre che i bambini della primaria vadano a scuola fino al 30 giugno (la proposta sulla secondaria invece se l’è rimangiata subito perché deve aver realizzato che si sarebbe ritrovato le piazze piene di studenti), leggiamo un dibattito surreale su “socialità“, “attività ludiche e di recupero” e altre amenità decontestualizzate. 

Credo che accettare un confronto inscritto in questo paradigma fuorviante sia un errore che come OO.SS. dobbiamo evitare. Su questo terreno potremo solo concorrere a svilire ulteriormente la professionalità dei docenti di un settore tanto strategico, quanto dimenticato negli investimenti e fin troppo ricordato nelle richieste di incombenze.

 

Qualcuno deve aver informato il ministro che in molte regioni d’Italia le scuole primarie sono sempre state aperte perché ha iniziato a parlare di aperture differenziate, ma il tema è diverso e riguarda alcune questioni ineludibili, che tocca a noi porre, riconducendo alla cruda realtà dei fatti tutti quelli che dissertano del lavoro degli altri dall’alto o dal basso delle loro scrivanie adeguatamente schermate:

  1. Nonostante le rassicurazioni ministeriali, contraddette dai dati, la scuola è uno dei luoghi in cui avviene il contagio, prolungare la durata dell’anno scolastico significa accettare che una larga fetta di popolazione sia esposta a maggior rischio. Sappiamo tutti che in molte regioni non è ancora partita la campagna vaccinale del personale scolastico e, comunque, il vaccino destinato ai docenti è quello che offre minori garanzie a fronte del fatto che le varianti del virus sembrano infettare soprattutto la popolazione infantile, che fa da vettore contagiando la categoria docente più anziana di sempre.
  2. Fare scuola in presenza nell’anno scolastico 2020/21 significa che molti individui si assembrano quotidianamente per molte ore negli spazi limitati delle aule senza il distanziamento minimo previsto dalle norme in qualsiasi altro luogo pubblico; significa fare scuola con addosso 2 mascherine per almeno 4 ore, con tutte le conseguenze sulla salute che questa condizione protratta comporta; significa che ti devi pagare le ffp2 perché lo Stato, che è il tuo datore di lavoro,  non te le passa; significa avere la pelle delle mani cotta dai guanti di lattice e dal disinfettante; significa convivere con i tamponi che devi fare in continuazione perché periodicamente c’è qualcuno con cui sei stato in contatto a scuola che si è infettato; significa che devi spendere tra i 70 e i 100 euro ogni volta che fai il tampone a seguito di collega o alunno infetto perché ATS non ti considera a rischio se non hai avuto contatti nelle 48 ore precedenti (quando le stesse autorità sanitarie affermano che il periodo di incubazione può essere di 15 giorni); significa convivere con la paura quotidiana di infettarti e di portare il virus a casa, ai tuoi cari, ai tuoi genitori anziani, magari invalidi; significa soprattutto non poter fare la scuola in cui credi, perché i bambini devono mantenere il distanziamento e tu lo stesso, non possono avere contatti, né scambiarsi oggetti. E i protocolli di sicurezza delle scuole (oltre che il buonsenso) prevedono che il distanziamento venga mantenuto anche negli spazi aperti. Solo degli adulti sadici possono pensare di protrarre ulteriormente questo modo di stare a scuola. Oppure gente che non conosce ciò di cui parla. 
  3. 3.Motivare l’apertura delle scuole fino a fine giugno con la necessità di recuperare la socialità in queste condizioni, non solo appare surreale, ma risulta lesivo della dignità professionale degli insegnanti della scuola primaria, che non sono animatori. Gli enti locali, il privato sociale, le parrocchie hanno da sempre risposto al bisogno sociale di custodire i figli delle madri lavoratrici; non dobbiamo temere di andare controcorrente dicendo forte e chiaro che gli insegnanti non sono babysitter. Le uscite (freudiane?) del ministro e di qualche sindacalista cortigiano la dicono lunga sulla percezione sociale della nostra funzione e della funzione della scuola. Non si tratta di lesa maestà professionale, ma di rifiutare un modello che pensa agli alunni come a fruitori di un servizio e non come a cittadini che hanno il diritto all’educazione e all’istruzione nell’ambito dell’istituzione scolastica. Gli esiti di queste due concezioni sono assolutamente diversi. La pandemia ha messo in luce, se mai ce ne fosse stato bisogno, tutti i limiti di un modello di sviluppo illimitato consumistico e, per quanto ci riguarda hic et nunc, di una visione aziendalistica della scuola, tutta orientata alla performance, con la tecnologia panacea di tutti i mali. Possibile che non stiamo imparando nulla?
  4. I bambini non hanno bisogno di qualche giorno in più di animazione, ma di insegnanti motivati, formati in ingresso e in itinere, adeguatamente retribuiti, di scuole sicure, fornite di adeguate risorse umane e tecnologiche, di classi non troppo numerose dove sia possibile rispondere ai bisogni di tutti e di ognuno. La nostra scuola elementare era un fiore all’occhiello del sistema d’istruzione pubblico, è stata progressivamente sminuita dalle riforme scellerate dei governi di ogni colore, con il ministro di turno a lasciare il suo nefasto ricordo. Si garantisca un organico adeguato, dai due insegnanti per ogni classe a tempo pieno, agli insegnanti di sostegno con specializzazione, al limite del numero degli alunni in presenza di scolari  DVA, a risorse finanziarie che consentano di smantellare i modelli di secondarizzazione della primaria resisi necessari per garantire la copertura delle supplenze.

 

Invece che pensare a improbabili aperture fino al 30 giugno, costringendo gli alunni ad una socialità simulata dentro le ristrettezze della prevenzione, nelle scuole surriscaldate e prive di aria condizionata e nei giardini pieni di zanzare, che questo governo utilizzi risorse per vaccinare il personale, per investire in infrastrutture, per riconoscere la specificità e la competenza professionale dei docenti. Solo così si potranno archiviare le innegabili difficoltà di questi due anni faticosi.

 

Valeria Ammenti

Coordinatrice Federazione Gilda-Unams MI/MB