Investimenti pubblici miliardarî nella scuola, allo studio in Germania

Un nuovo studio tedesco mostra che gli investimenti pubblici non solo migliorano la produttività, l’occupazione e il reddito delle famiglie, ma anche i conti dello Stato. Le conclusioni dello studio sconfessano il regime dell’UE del pareggio di bilancio e l’ostinazione del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble per l’austerità, perché afferma esplicitamente che questi risultati si ottengono con un iniziale indebitamento.

Per quanto riguarda le scuole e le scuole d’infanzia, lo studio calcola un gap di 4 milioni di posti nelle strutture a tempo pieno dai 3 ai 18 anni. Riempire il gap costerebbe sei miliardi all’anno e un investimento una tantum di venti miliardi. Il governo potrebbe mettere a bilancio la spesa con dieci miliardi nei primi cinque anni e sei negli anni successivi.

Il programma avrebbe due effetti economici diretti, secondo gli autori: primo, l’aumento dei livelli di istruzione risulta in un aumento differito della produttività e un’espansione dell’occupazione; secondo, esso crea posti di lavoro immediatamente nel sistema scolastico e anche sgravando i genitori che, non dovendo più accudire i figli, possono entrare nel mercato del lavoro.

Pubblichiamo un estratto del bollettino “Strategic Alert – Edizione Italiana” su gentile concessione dell’Executive Intelligence Review.

da: Uno studio tedesco sugli investimenti infrastrutturali mostra l’idiozia del pareggio di bilancio

Un nuovo studio tedesco mostra che gli investimenti pubblici nelle infrastrutture non solo migliorano la produttività, l’occupazione e il reddito delle famiglie, ma anche i conti dello Stato. Le conclusioni dello studio sconfessano il regime dell’UE del pareggio di bilancio e l’ostinazione del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble a mantenere l’ormai famoso “zero nero”, perché afferma esplicitamente che questi risultati si ottengono con un iniziale indebitamento. Il fatto che lo studio è stato commissionato dal Ministero dell’Industria, presieduto dal leader della SPD Sigmar Gabriel, che è anche vice cancelliere, riflette le divisioni tra i partner di coalizione, con la SPD a favore degli investimenti e la CDU-CSU schierata a sostegno di Schaeuble.

Gli autori, il prof. Tom Krebs dell’Università di Mannheim e il prof. Martin Scheffel del Centro di Ricerca Macroeconomica (CMR) dell’Università di Colonia, affermano che “gli investimenti pubblici comportano (…) vantaggi fiscali grazie a minore redistribuzione del reddito e maggior gettito fiscale e contributi sociali. Quando un programma di investimenti pubblici ottiene introiti fiscali sufficientemente alti, esso riduce il tasso di debito pubblico per le prossime generazioni e migliora in questo senso la giustizia generazionale”.

Lo studio considera un programma di investimenti pubblici in tre aree: trasporti e digitale, scuole, asili e università. Per quanto riguarda i trasporti, esso purtroppo si focalizza solo sulle strade, ma anche questo ambito limitato basta a dimostrare l’enunciato.

Così, lo studio considera un programma per riempire il gap di manutenzione e di espansione della rete stradale di dieci miliardi di spesa aggiuntiva annua nei primi cinque anni e di sei negli anni successivi, e formula una stima prudente dell’aumento di produttività risultante dopo venti anni, giungendo alla conclusione che essa è equivalente ad una rendita finanziaria del 10%.

Il programma genererebbe un surplus di bilancio già dopo nove anni, e “gli effetti positivi degli investimenti nelle infrastrutture sull’occupazione e sui salari si diffonderebbero in tutti i gruppi familiari. In aggiunta, sia la disoccupazione a lungo termine sia l’occupazione precaria diminuirebbero”.

Per quanto riguarda le scuole e gli asili nido, lo studio calcola un gap di 4 milioni di posti nelle strutture a tempo pieno dai 3 ai 18 anni. Riempire il gap costerebbe sei miliardi all’anno e un investimento una tantum di venti miliardi. Il governo potrebbe mettere a bilancio la spesa con dieci miliardi nei primi cinque anni e sei negli anni successivi.

Il programma avrebbe due effetti economici diretti, secondo gli autori: primo, l’aumento dei livelli di istruzione risulta in un aumento differito della produttività e un’espansione dell’occupazione; secondo, esso crea posti di lavoro immediatamente nel sistema scolastico e anche sgravando i genitori che, non dovendo più accudire i figli, possono entrare nel mercato del lavoro.

Il programma porterebbe ad un crescente tasso di aumento del PIL, dallo 0.30% del primo anno all’1,10% in venti anni; dell’occupazione (174.474 e 522.075) e dei salari; e a un deficit iniziale, sostituito da un surplus fiscale già dopo sei anni.

Un risultato simile, ma più modesto, si ottiene secondo gli autori con lo stesso denaro investito nelle università (vedi).