Didattica a distanza: problemi di comunicazione scuola famiglia

In questi giorni capita spesso a docenti di subire rimostranze in “consigli telematici” in cui sono invitati genitori che si sentono in diritto di sindacare sull’operato.
Capita inoltre che rappresentanti dei genitori inviino email con elenchi di richieste, spesso indirizzate a singoli docenti, che i dirigenti inoltrano ai rispettivi consigli di classe affinché si adeguino.
Prendendo spunto da una di queste email, ho scritto le seguenti riflessioni.
Le rimostranze dei genitori dimostrano chiaramente che noi stiamo sbagliando almeno a due livelli: quello comunicativo e nell’utilizzo degli strumenti.
A livello comunicativo stiamo dando (non solo le singole scuole, ma tutta l’informazione) un’idea sbagliata di quello che è possibile fare con la didattica a distanza, cioè che si può tranquillante compensare il fatto di non frequentare materialmente la scuola. Si va addirittura oltre, viene velatamente trasmesso il messaggio che la didattica a distanza può essere migliore in quanto tecnologica e quindi adatta ai “nativi digitali” (difficile immaginare una definizione più sbagliata: in realtà sono analfabeti digitali), più moderna, più vivace. Messaggio pericolosissimo! In prospettiva determinerà il futuro della didattica, nell’immediato, causa anche la visione distorta, ingerenze e richieste inopportune e anche fastidiose di genitori, i quali non si rendono minimamente conto delle difficoltà e delle pressioni a cui sono sottoposti i docenti.
L’errore comunicativo è anche dovuto all’uso sbagliato dei mezzi. La didattica a distanza non s’improvvisa!
Noi siamo giunti impreparati ed è ingenuo pensare che basta mettersi con un po’ d’impegno e di buona volontà per rimediare all’impreparazione. Non c’è stato modo di riflettere su cosa sia la didattica a distanza e quindi si sta ripiegando su una soluzione apparentemente logica, ma, a mio avviso, sbagliata sia didatticamente sia tecnicamente: l’enfasi delle lezioni in videoconferenza!
In pratica si sta tentando di ricreare con le lezioni in videoconferenza una sorta di lezioni in presenza. Questo è semplicemente impossibile!
L’effetto che si è ottenuto in questo modo è stato la trasmissione di un messaggio sbagliato, non solo ai genitori, ma anche agli alunni. Infatti sta passando l’idea che se non c’è videoconferenza, non c’è scuola e che tutto il resto sono compiti, quindi da fare controvoglia e con impegno ridotto. Questo effetto io l’ho percepito benissimo vedendo che, più si intensificavano le videoconferenze, più calava l’impegno nei confronti dei percorsi che sto faticosamente costruendo, costringendomi ad intervenire in modo più autoritario e restrittivo. Dal punto di vista tecnico, le videoconferenze assorbono un sacco di risorse e più verranno intensificate, più le linee diverranno instabili. In questi giorni ho notato parecchi rallentamenti in G Suite for Education, chiari segnali che il sistema è sotto stress (ovviamente non è colpa di una singola scuola, ma del fatto che un po’ ovunque si sta rafforzando questa tendenza.Tendenza tra l’altro non particolarmente originale e fantasiosa).
Veniamo quindi alla domanda fondamentale: cos’è la didattica a distanza.
Per tutta una serie di circostanze ho avuto modo di studiare diverse piattaforme di didattica a distanza. Punto di riferimento, anche universitario, fino a quando colossi quali Microsoft e Google non si sono buttarti a capofitto nel settore, era Moodle: piattaforma open source ancora molto usata, potentissima, ma con una curva di apprendimento molto ripida (ovvero molto difficile, per i docenti, da utilizzare. La fruibilità o meno dei corsi dipende dall’abilità progettuale dei docenti).
Imparare ad utilizzare una piattaforma di questo tipo vuol dire coglierne la logica di funzionamento che altro non è se non la risposta alla domanda data dai programmatori su cosa sia la didattica a distanza. Premetto che non stiamo parlando di qualcosa di nuovo, ma di qualcosa che esiste da diversi decenni!
La didattica a distanza nasce innanzitutto indirizzata ad un pubblico adulto e consiste nella progettazione di percorsi di autoapprendimento da fruire soprattutto in differita. Possono essere previsti momenti di presenza tramite chat o videoconferenze, ma vengono utilizzate soprattutto per esigenze organizzative o per chiarimenti. Se i docenti utilizzassero tutti la didattica a distanza in tale modo, sparirebbero i problemi di consumo eccessivo di risorse e le linee sarebbero più stabili.
Perché non si fa? Semplicissimo: come detto prima non s’improvvisa!
La preparazione dei materiali e dei percorsi richiede un sacco di tempo e competenze informatiche decisamente superiori a quelle medie dei docenti.
C’è inoltre un altro problema: visto che si parla di un sistema didattico nato soprattutto per un pubblico adulto, si presuppone a monte una forte autonomia e motivazione all’apprendimento (o necessità: per esempio un corso preparato in funzione di un concorso), caratteristiche non comuni nelle fasce d’età sia delle scuole primarie, sia delle scuole secondarie.
Il docente, nel senso classico della parola, nella didattica a distanza non esiste più! Esistono esperti che predispongono materiali e tutor che intervengono a sostegno dei corsisti con rapporti individuali tramite chat, mail. ecc..
Il problema dell’autonomia e delle motivazioni è irrisolvibile lato “scuola”. Il massimo che si può fare e cercare di rendere accattivanti il più possibile i materiali.
In pratica significa che la mancanza di motivazioni e di autonomia è un problema della famiglia e sono i genitori che possono/devono intervenire in tale senso. Anche questo andrebbe chiarito.
Ringrazio per l’attenzione (a proposito, potete tranquillamente girare la mia email anche ai genitori).

Massimo Bonetti