Contestazioni disciplinari ai docenti, 2 verità

Ci capita spesso di osservare l’effetto devastante che una contestazione di addebito ha sulla psiche dei nostri docenti, quasi un “insulto” cardiaco, che toglie serenità e sicurezza professionale.

A volte l’avviso di garanzia scolastico  annichilisce la capacità di reazione, salvo il reiterato e indignato commento che “non è giusto…”; altre volte invece porta a un serrato e preciso argomentare, spesso degno di miglior causa, perché il Dirigente non ascolta motivazioni, spesso ha già deciso in anticipo l’esito del procedimento e tutte le ragioni di merito, partorite nell’agitata insonnia che segue alla contestazione d’addebito, vanno a finire in un polveroso archivio(riservato, peraltro), dimenticate per sempre… Ora, proprio per rendere giustizia a un esempio, retoricamente perfetto, di controdeduzioni degne di un alloro letterario, ma purtroppo destinate all’oblio, riportiamo un sunto del carteggio relativo a un docente “contestato”, e profondamente ferito nella propria onorabilità e professionalità. Non sappiamo ancora come si concluderà il procedimento disciplinare, ma che già si sia aperto a carico del docente, è stato una sanzione emotivamente sufficiente, capace di effetti punitivi, anche se si dovesse concludere con una archiviazione (caso peraltro non molto frequente).

Nella contestazione di addebito disciplinare, inoltrata senza alcuna azione “deflattiva” precedente (forse quello che più ferisce chi la riceve…), il Dirigente scolastico ricorda al nostro docente, accusato di essere particolarmente “severo”, che “il potere educativo non può consistere in trattamenti afflittivi dell’altrui personalità” e che egli non può “venire meno alla propria funzione docente, mancando di rispetto ad alcuni studenti, compromettendone l’autostima, generando stati d’ansia e di paura fino a scoraggiarne la frequenza” (fatti gravissimi, ma non veri, come potrete capire leggendo alcuni stralci della memoria difensiva, qui sotto riportata). Buona lettura!


Egregio Dirigente,

è assai verosimile che, per i motivi che le esporrò, l’attività didattica non potrà essere condotta serenamente, almeno per parte mia, fino alla conclusione prevista per giugno. Il primo elemento che osta alla proficua prosecuzione dell’attività di insegnamento è l’improvviso venire meno della serenità e della motivazione del docente: le accuse di cui sono stato investito, mi sono giunte in maniera tanto inaspettata e, a mio avviso, ingiustificata, da soffocare quel coinvolgimento emotivo che è la cifra necessaria e irrinunciabile dell’insegnamento. Le domando: sarebbe in grado di rivolgersi con slancio e con passione a studenti i cui genitori la qualificassero, nel migliore dei casi, come “pessimo insegnante”? E badi: questo “pessimo insegnante”, questo “docente non professionale” ha dedicato ogni giorno di ogni anno della sua carriera alla preparazione delle lezioni, alla cura e alla semplificazione dell’esposizione, all’approfondimento disciplinare, alla correzione dei lavori dei propri studenti.

Ora, le ribadisco: io sono tranquillo, nel senso che nulla può intaccare la piena cognizione che ho della mia integrità (persino di questa tranquillità d’animo lei mi ha accusato nella contestazione disciplinare! Come non rimanere costernati?); d’altra parte, non credo che si possa supporre privo di conseguenze un attacco così duro all’immagine e all’onorabilità di un docente: mi riferisco a ciò che significa la perdita di credibilità di un insegnante per la qualità del servizio offerto dall’istituto di cui lei è responsabile. O devo ritenere invece che, nella preoccupazione di acquietare le proteste di qualche genitore, lei abbia trascurato questo aspetto della questione? E ancora: ha mai riflettuto su ciò che significa per un insegnante anche solo la percezione di essere privo di ogni forma di tutela da parte del dirigente dell’istituto in cui lavora? Ha mai pensato che un atteggiamento poco favorevole del dirigente nei confronti di un insegnante possa riverberarsi in una maggiore ostilità dei genitori degli alunni nei confronti di quel docente?

Ma veniamo all’altro importante elemento in gioco nella relazione pedagogica: la stima dello studente nei confronti dell’insegnante. Ebbene, l’irruzione degli adulti nell’esperienza didattica quotidiana dei propri figli, nella forma di giudizi profondamente svalutativi rispetto ai metodi didattici del docente, così come traspare dai verbali dei colloqui fra lei ed alcuni genitori della classe, ha forse definitivamente compromesso quel rapporto di fiducia e di apprezzamento degli alunni verso il docente, rapporto senza il quale non si dà nessun processo di apprendimento. La qualità della didattica non dipende da fattori procedurali pianificabili e indipendenti dai contesti emotivi: la didattica non ha nulla a che vedere con le routine burocratiche o produttive. Mi permetta: non solo l’intrusione dei genitori, ma forse anche le modalità con cui lei ha affrontato le problematiche emerse hanno contribuito ad innescare dinamiche tali da vanificare l’intero lavoro realizzato dal docente nel corso di questi mesi. Sono aumentati, da parte di alcuni alunni, l’arroganza, l’indolenza, il disinteresse e ciò non mi stupisce: l’immagine dell’insegnante è stata fortemente compromessa. Come conseguenza, risulta altrettanto compromessa la qualità dell’apprendimento degli alunni. Del resto, entrando nel merito delle contestazioni, [… seguono vari esempi e confutazioni, di cui si riporta solo un punto assai significativo dello stravolgimento della realtà], si legge nel verbale di denuncia che avrei umiliato una studentessa “arrivando addirittura a dirle che dalla calligrafia si capisce che è maleducata”, quando io ho affermato solamente che una buona grafia è una forma di educazione, poiché esprime il rispetto di chi scrive per chi legge. È cosa ben diversa!

Mi permetto di chiederle: nel momento in cui ha avviato le indagini preliminari alla contestazione di addebito, ha posto attenzione a ciò che può comportare qualsiasi intervento esterno su rapporti così delicati come quelli fra un adulto e degli adolescenti in formazione? Non affermo che lei non avrebbe dovuto contestarmi dei fatti: non è questa la sede per tale discussione. Affermo però che, prima di avviare indagini con colloqui, firma di verbali eccetera, lei avrebbe potuto promuovere un confronto aperto fra docente e genitori, al fine di giungere, se possibile, alla individuazione degli equivoci e al chiarimento dei rapporti, a garanzia della serenità degli alunni e a salvaguardia del percorso didattico; sostengo che, nel corso di questi mesi, lei avrebbe potuto convocarmi almeno una volta, illustrandomi la questione, ascoltando il mio parere con atteggiamento di apertura, provando a prospettare una soluzione condivisa. Non è accaduto nulla di tutto questo.   […]   E ancora: mi si accusa di essere un insegnante troppo autoritario; ma lei ha ripercorso la storia della classe rileggendo i verbali dei consigli di questi due anni? Non ha notato come, da quei verbali, emerga il quadro di un gruppo classe assai impegnativo sul piano della disciplina? Ha preso nota delle numerose sanzioni disciplinari irrogate agli studenti? Ricorda il caso di bullismo verificatosi lo scorso anno? Questo esame sarebbe già sufficiente a giustificare qualsiasi insegnante che esigesse, con rigore, il rispetto delle regole di comportamento condivise. Ora, potrei proseguire, ma il punto della questione, alla luce di quanto sopra, è questo: la classe ha, di fatto, perduto l’insegnante: per il deterioramento del rapporto con alcune famiglie, per l’impegno aggiuntivo, sul piano psicologico e non solo, che il docente ha dovuto profondere per contrastare il venir meno del clima di fiducia, stima e rispetto in classe, per il profondo senso di delusione dell’insegnante rispetto all’operato della dirigenza. Questo è un problema di cui lei, in qualità di dirigente di questo istituto, deve farsi carico. Non è una questione di natura formale o burocratica: è un problema di relazioni umane. Distinti saluti.

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Stefano Battilana– Titolare di Filosofia presso il Liceo Artistico di Bologna, attualmente Coordinatore provinciale Gilda Insegnanti di Bologna, membro della Direzione Nazionale Gilda, con l’incarico di Responsabile RSU e rapporti con le SOA, è autore di altri articoli e contributi, qui in larga parte raccolti; prevalentemente di “filosofia sindacale”, genere divulgativo autoproclamato, spesso sotto lo pseudonimo di Montesquieu.