Chiudiamo il parlamento

Di Stefano Avanzini.

Maria Teresa Meli s’indigna con la Corte Costituzionale che, vil razza di magistrati che non dorme la notte se non s’imbuca nella politica, con le sue sentenze d’incostituzionalità su premio di maggioranza e liste bloccate, precipita il Paese nell’ingovernabilità o peggio lo consegna nelle mani di pentastellati e leghisti, costringendo la povera giornalista e i suoi tanti sodali ad un volontario autoesilio.
Ma al povero docente di lettere, digiuno benché appetente di diritto costituzionale – quando mai si fa(ra)nno corsi di formazione, massime oggi che, legge 107 c. 124 alla mano, la formazione dei docenti (di ruolo) è divenuta “obbligatoria, permanente e strutturale” – capita di pensare, correndo con la memoria alle paginette di educazione civica lette all’iscuola quando era studente o al Sacro Testo della C.I. da spacciar per letta al concorso per l’insegnamento: la Corte Costituzionale non è forse chiamata a pronunciare sulla costituzionalità delle leggi? Eppure questo parevan dire gli articoli 134 e 136 del Sacro Testo Rottamando (STR), che pure il popolo sovrano, per una volta chiamato a dire la sua, il 4 dicembre del 2016 ha voluto conservare così com’era.

Ebbene, tralasciando il premio di maggioranza, le liste bloccate per tre volte – Mattarellum, Porcellum e Italicum – sono state dichiarate incostituzionali, e per tre volte – Porcellum, Italicum e Rosatellum – sono state riproposte da questa classe politica di maggioranza ad assetto variabile, al docente di cui sopra sorge spontanea una bizzarra domanda: ma perché la classe politica non prende atto della sentenza della Corte Costituzionale e non si rassegna al fatto che, se la costituzione non cambia, bisognerà pur prenderne atto e adeguarsi ai principi in essa sanciti, riconoscendo al popolo sovrano il sacrosanto diritto costituzionale di poter scegliere da chi farsi rappresentare, invece di largire ai capibastone dei vari partiti e partitini candidati obbedienti e proni alla voce del padrone?

Altrimenti, ci si decida: o aboliamo la Corte Costituzionale come ente inutile quando non dannoso, e risparmiamo ogni mese 35.000 euro per 15 persone più le spese di gestione dell’apparato, oppure, se esecutivo e legislativo si ostinano a ignorare il famigerato STR, chiudiamo il Parlamento e le leggi facciamole fare direttamente a loro, che il ST lo conoscono e lo applicano, e risparmiamo ogni mese 18.000 euro per 945 persone più le spese di gestione di un apparato bicamerale elefantiaco e iperpagato. Tanto, se il principio della sovranità popolare – Scalfari docet – è una chimera demagogica dimentica del fatto che a governare e a legiferare non può essere che una classe dirigente professionale e competente – come, ahimè, spiace dover ricordare fosse quella corrotta e concussa della Prima Repubblica liquidata da Mani Pulite – chi più competente e professionale dei giudici della Corte Costituzionale?

E se la premessa è questa, considerato quanto costa ogni volta una tornata elettorale, chiudiamolo pure questo Parlamento bicamerale scelto dai leader di partito.

In fin dei conti, la priorità non è forse quella di rientrare dal 133% di deficit pubblico?

Non è l’Europa che ce lo chiede?